GREEN NEW DEAL CON GLI INVESTIMENTI NELLA CIRCULAR ECONOMY
“Le misure ad oggi ipotizzate nella Legge di Bilancio non sono in alcun modo sufficienti a generare una spinta decisa verso quel ‘Green New Deal’ nelle intenzioni del Governo; sono solo una sommatoria di piccole misure completamente marginali. Anche l’uso della leva fiscale appare più indirizzato alla ricerca di nuove entrate che a criteri di effettiva efficacia. Nessuna misura è, inoltre, prevista per l’obiettivo di un netto miglioramento degli indici di performance dell’economia circolare, che rappresentano invece uno dei punti qualificanti degli indirizzi europei”.
E’ questo il commento di FISE ASSOAMBIENTE, l’Associazione che rappresenta le imprese che operano nel settore dell’igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali, nonché bonifiche, alle prime indicazioni fornite dal Governo sulle misure previste nella prossima Legge di Bilancio.
In queste ore l’Associazione sta avanzando presso le sedi competenti alcune proposte, “senza maggiori oneri” per lo Stato, per una strategia nazionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali che favorisca la transizione verso la circular economy, prevalentemente basate sull’uso della leva fiscale come reale incentivo.
Il presupposto è il raggiungimento degli obiettivi europei per l’economia circolare (65% di riciclaggio al 2035 di rifiuti urbani, aumento del riciclo degli imballaggi, limitazione all’uso della discarica) che nel nostro Paese necessita di investimenti in impianti per circa 10 miliardi di euro, senza considerare quelli in ricerca, innovazione, software e gli investimenti immateriali.
“Incentivare tali investimenti”, evidenzia il Presidente di FISE Assoambiente – Chicco
Testa, “rappresenta un interesse generale finalizzato ad un miglior uso delle risorse e delle fonti energetiche rinnovabili e determinerà un aumento del prodotto interno lordo e, come evidenziato più volte dalla Commissione europea, dell’occupazione, oltre che il raggiungimento di obiettivi ambientali ed energetici. In attesa che si definiscano le modalità di utilizzo dei Fondi Strutturali 2022-2027, che avranno come destinazione economia circolare ed economia digitale, l’applicazione al settore dello schema di incentivi per sostenere Industria 4.0 potrebbe produrre risultati rapidi e positivi”.
Per incentivare e sostenere gli investimenti in impianti per l’economia circolare potrebbero essere messi in campo gli strumenti utilizzati con successo nel programma a sostegno di Industria 4.0:
- Iperammortamento: aliquota per investimenti in beni materiali strumentali nuovi funzionali alla trasformazione green dell’economia circolare (da 140% a 250%).
- Superammortamento: proroga con aliquota al 140%/250% per i beni strumentali nuovi e potenziamento inserendo beni immateriali strumentali (software) funzionali alla trasformazione green dell’economia circolare.
- Credito d’imposta alla ricerca, con un credito massimo per contribuente fino a 20€M per ricerca sul settore dell’economia circolare.
- Detrazioni fiscali fino al 30% per investimenti fino a 1M euro in startup e PMI innovative nel settore dell’economia circolare.
Si tratta di strumenti che hanno avuto successo, facilmente utilizzabili dalle imprese senza bandi e call, complesse e lente, quindi di immediata utilizzabilità anche per impianti in fase di realizzazione, da parte di tutte le imprese che gestiscono rifiuti urbani e speciali.
A coprire tali minori entrate fiscali basterebbe l’ammontare derivante dalla tassa sul conferimento in discarica e dall’addizionale (350 milioni di euro) e dal tributo provinciale per la gestione dei rifiuti (450 milioni di euro).
Impianti e software da “incentivare”
I benefici fiscali dovrebbero riguardare gli investimenti in impianti e software riconducibili all’economia circolare e in particolare: contenitori per la raccolta differenziata, contenitori interrati – centri di riciclaggio, smontaggio e riuso – piattaforme di valorizzazione dei materiali raccolti in forma differenziata (imballaggi, ingombranti, RAEE, speciali, costruzione e demolizione) – linee di recupero di materiali in impianti di selezione o smaltimento (fabbriche della materia, elettrocalamite, cernita di metalli non ferrosi e plastiche) – digestori anaerobici e linee di raffinazione del biometano – impianti per il recupero energetico dei rifiuti combustibili impianti per il recupero di biogas delle discariche – impianti industriali per prodotti riciclati – impianti industriali per migliorare le capacità di riciclaggio (cartiere, vetrerie, prontoforno) – sensoristica per la lettura del peso dei contenitori – software di gestione delle flotte – software di gestione degli svuotamenti – software di gestione della tariffa puntuale – comunicazione ambientale sul riciclo – ricerca e sviluppo, brevetti.
I dati dell’economia circolare in Italia
Il settore dell’economia circolare in Italia è consolidato, con una alta capacità produttiva (100 milioni di tonnellate di materiali riciclati), centinaia di aziende, un fatturato di 55,8 miliardi di euro e un valore aggiunto di 18 miliardi, pari all’1,1% del PIL; le attività di riciclo, riuso e riparazione sviluppano 2,2 miliardi di euro di investimenti e un’occupazione di oltre mezzo milione di addetti. Su questo fronte l’Italia è al primo posto tra i maggiori Paesi europei per quota di occupati nell’economia circolare, pari al 2,1% degli occupati di tutti i settori e superiore all’1,7% della media UE. Sono circa 870 mila le imprese interessate dai processi dell’economia circolare, di cui circa il 61% sono artigiane. L’Italia ha il miglior tasso di circolarità nell’uso delle risorse in Europa, anche se un basso numero di brevetti in questo settore.