Prima crisi dell’economia circolare: crolla il mercato della carta da macero

Agli Stati generali della carta da macero, svoltosi a Bologna, è stato fatto il punto della crisi di mercato che, tra mercati saturi, esportazioni bloccate e carenza impiantistica (cartiere), il comparto rischia la paralisi completa.

In Italia ogni anno si producono circa 6,6 milioni di tonnellate di carta da macero, oltre la metà di tale materia prima secondaria proviene dalle raccolte differenziate di carta e cartone delle attività commerciali, artigianali ed industriali, sono quindi rifiuti speciali, mentre il resto, pari a circa 3,5 milioni di tonnellate, proviene dai rifiuti urbani. Una parte della carta da macero prodotta è destinata alle cartiere italiane (circa 4,8 milioni di tonnellate) mentre il resto viene esportato.

Da circa 15 anni, dunque, il nostro Paese è un esportatore netto di quei quantitativi di carta da macero che nel sistema economico nazionale rappresentano un “surplus” rispetto al fabbisogno interno delle cartiere.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un notevole incremento delle quantità di carta proveniente dalle raccolte differenziate (sia “speciali” che “urbani”), in linea con i target delle direttive europee, a cui non ha fatto seguito un pari incremento della capacità delle cartiere nazionali. Questo surplus, arrivato a circa 1,9 milioni di tonnellate nel 2018, è stato finora assorbito principalmente dalla Cina e da altri paesi asiatici. Ma il blocco delle importazioni da parte del governo cinese, connesso anche la guerra con gli Stati Uniti nonché all’incremento del loro sistema interno di raccolta, hanno di fatto portato al calo drastico delle nostre esportazioni di carta da macero. Basti pensare che, se negli anni 2015 e 2016 venivano esportate in Cina oltre un milione di tonnellate di carta da macero, nel 2019 le esportazioni sono scese sotto le 250.000 tonnellate. Inoltre, gran parte del materiale americano che veniva utilizzato nel mercato cinese, è stato dirottato su altri mercati causandone la completa
saturazione.

La crisi del settore, però, interessa non solo l’Italia ma tutta l’Europa che ha un surplus di produzione di carta da macero rispetto alla capacità delle cartiere europee pari a circa 8 milioni di tonnellate. «Tutte le criticità segnalate – dichiara Fabio Montinaro, componente Consiglio Direttivo di Unirima – sono ancor più gravi se contestualizzate nei territori del mezzogiorno e delle isole, dove, a fronte di incrementi sempre più importanti nelle percentuali di raccolta differenziata, non sempre corrispondono livelli di qualità accettabili. A ciò si aggiunga la cronica penuria infrastrutturale e la maggiore distanza dai mercati di riferimento del settore rispetto al centronord ».

L’assenza di uno sbocco sul mercato per la carta da macero ha causato un crollo netto dei prezzi, nel 2019 molte tipologie di carta da macero non trovano più una negoziazione o la trovano a valori residuali. Nel caso del cartone, ad esempio, il prezzo da gennaio a dicembre 2019 è sceso dell’88%, toccando il minimo da sempre.

Inoltre il Contributo Ambientale Conai (CAC), che nel 2014 era sceso a 4,00 € a tonnellata ed è rimasto tale fino al 2017, a causa di tale situazione dal 1 gennaio 2020 è passato a 35,00 € a tonnellata con un incremento del 40% rispetto al 2019 e del 250% rispetto al 2018.

«La filiera della carta – commenta il Vicepresidente di Unirima Pio Savoritie nello specifico la nostra attività di raccolta e recupero, sono sempre state una eccellenza. Siamo ormai da anni degli ottimi raccoglitori e recuperatori, in termini di quantità e soprattutto di qualità: la produzione di materia prima seconda “nostrana” ammonta a circa 13 ton/min. L’Italia ne ricicla circa 10 ton/min e attualmente c’è un surplus di 3 ton/min che in 1 anno fa oltre 1,5 milioni di tonnellate: abbiamo quindi bisogno di nuove cartiere e di export, in poche parole di sbocchi. Ne va delle tasche degli Italiani e delle imprese ma soprattutto dell’ambiente».

Pio Savoriti – Vice presidente di UNIRIMA e Consigliere delegato di Sama Marketing

Unirima sta da mesi ponendo all’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica tale grave situazione del nostro comparto industriale, in ultimo il comunicato stampa del 25 novembre scorso. Cosa c’è da fare a medio lungo-termine lo abbiamo già scritto nel nostro Rapporto 2019 pubblicato a luglio con le nostre proposte di policy per una reale circular economy. Ma intanto il nostro comparto rischia adesso di essere schiacciato sia per la perdita di importanti quote di mercato, a causa dei sempre più frequenti casi di assimilazione di rifiuti speciali ai rifiuti urbani (spostamento della gestione dei flussi di rifiuti speciali con costi a carico del produttore verso gli urbani che ricevono i corrispettivi dei consorzi di filiera del Conai), sia per il rischio, sempre più concreto, di blocco totale degli impianti per mancanza di sbocco al materiale in uscita, a cui si aggiungono bilanci pesantemente intaccati con imprese che hanno già chiuso o sono sul punto di farlo con la conseguente perdita di migliaia posti di lavoro.

Nel frattempo, la politica tace, malgrado tre audizioni parlamentari durante le quali abbiamo ampiamente esposto la problematica che sta impattando pesantemente sul nostro settore.

Se la politica industriale vuole veramente puntare sull’economia circolare e sulla sostenibilità dovrebbe supportare con più decisione il settore industriale del recupero di materia dai rifiuti. Spiega Giuliano Tarallo, Presidente di Unirima. L’industria italiana ed europea del recupero/riciclo non può più sopportare tali condizioni di mercato per un terzo anno consecutivo a cui si aggiungono barriere

Giulino Tarallo – Presidente UNIRIMAnormative ed aumento dei costi di gestione connessi all’eccesso di burocrazia. Nel breve termine, in attesa dell’incremento delle capacità annunciate dal settore cartiere, visto lo sviluppo notevole delle raccolte differenziate finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riciclo fissati dalle nuove direttive europee, urgono interventi urgenti e rapidi volti a favorire l’export e fermare l’applicazione di restrizioni commerciali per ripristinare un accesso libero ed equo ai mercati internazionali necessario per bilanciare domanda e offerta. Chiediamo inoltre un controllo ed una maggiore attenzione verso fenomeni di assimilazione di dubbia legittimità.

 

 

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