RIFIUTI E CRISI COVID: COSA AVVERRA’ DOPO? Intervista esclusiva al Vicepresidente di Utilitalia Filippo Brandolini

Abbiamo fatto quattro domande al Vice Presidente di Utilitalia e Presidente di HERAMBIENTE Spa Filippo BRANDOLINI, in merito alla attuale situazione della gestione del ciclo dei rifiuti urbani legata alla pandemia.

 

Le sue risposte  sono state precise e molto chiare e delineano scenari di netti cambiamenti fra il periodo prima del Covid-19 e quello che sarà dopo.

Ecco quanto ci ha detto:

1) Da quasi un anno il nostro paese e il mondo intero sono messi a dura prova dalla pandemia di coronavirus che, oltre a causare moltissime vittime, ha costretto l’intero pianeta a cambiare modo di vivere, di lavorare e di consumare. Ritenete che con il cambiamento forzato di queste abitudini sarà completamente superato con l’auspicato ritorno alla normalità, oppure qualcosa resterà anche in futuro nei nostri comportamenti e in quelli della nostra società?

 

La pandemia ha segnato nettamente la differenza tra il “prima” e il “poi”. Tutti auspichiamo un rapido ritorno alla normalità, ma senza dubbio sarà una normalità diversa da come l’abbiamo concepita per tanti anni rispetto agli spostamenti, alle abitudini di vita e all’organizzazione del lavoro. Tutto ciò avrà inevitabili ricadute anche sui modelli di consumo che, da tanti punti di vista, erano diventati insostenibili.  D’altro canto però le problematiche emerse nel corso della pandemia sulla sicurezza sanitaria ci portano a riflettere su come in certi contesti non via siano alternative al prodotto monouso e all’importanza degli imballaggi per la protezione dei beni. Ciò non significa abbandonare le politiche di prevenzione sulla produzione di rifiuti ma una nuova consapevolezza meno ideologica e più pragmatica su questo tema, con ovvi riflessi sulla gestione dei rifiuti, sia dal punto di vista dell’organizzazione dei servizi, che dovranno sempre più essere orientati a minimizzare la dispersione nell’ambiente di tali prodotti, che per gli impianti, in particolare di riciclo.

 

2) In questi mesi i consumi sono cambiati radicalmente rispetto al passato e di conseguenza anche la produzione di rifiuti delle famiglie e delle imprese. Si è assistito ad una contrazione dei consumi e ad una drastica riduzione della produzione di rifiuti (soprattutto imballaggi) da parte delle utenze non domestiche, dovuto alla chiusura forzata di molte attività. Per contro si è avuto uno sviluppo esponenziale degli acquisti online che necessitano di un impiego maggiore di imballaggi rispetto ai normali acquisti nei negozi. Ritenete che il sistema dell’e-commerce verrà consolidato in futuro, o ritenete che, con la riapertura delle attività commerciali la situazione ritornerà quella precedente all’epidemia?

 

L’e-commerce è una realtà ormai consolidata che ha come conseguenza un’ingente mole di “nuovi” rifiuti, rispetto alla quale i consorzi di filiera e i gestori si stanno organizzando da tempo. In quest’ottica restano fondamentali i comportamenti dei singoli cittadini, per far sì che attraverso una buona raccolta differenziata – soprattutto di carta e cartone – questi rifiuti vengano indirizzati verso i corretti canali del riciclo. Sullo sfondo resta però la necessità di dotare il nostro Paese di un numero adeguato di impianti, che consenta di gestire tutti i rifiuti in un’ottica di economia circolare, compresi quindi gli scarti del riciclo i cui volumi crescenti sono causa di criticità diffuse, e di ridurre al minimo il ricorso alle discariche: al momento l’Italia avvia a discarica una media del 22% dei rifiuti urbani trattati, mentre l’Unione Europea ci impone di scendere al di sotto del 10% entro i prossimi 15 anni.

 

3) In particolare quali aspetti, legati alla produzione dei rifiuti urbani potranno cambiare e quali nuove necessità si imporranno nella gestione del settore in futuro?

 

Ci potremo aspettare che alcuni fenomeni a cui abbiamo già accennato (ripresa del monouso, sviluppo dell’e-commerce) con il ritorno alla normalità attenuino i loro effetti ma probabilmente non diminuiranno fino a ritornare alla situazione pre-Covid. Se sull’e-commerce questo è anche dovuto a un processo più a larga scala, per il monouso questa sarebbe un’inversione di tendenza più significativa con le necessità evidenziate prima. Va però sottolineato che ci saranno anche conseguenze per l’organizzazione del lavoro all’interno delle nostre aziende del settore. In particolare, la pandemia ha evidenziato come sia prioritario per la sicurezza, soprattutto degli operatori, minimizzare la manipolazione del rifiuto e questo comporterà una accelerazione verso processi di meccanizzazione e automazione sia delle fasi di raccolta che di trattamento. Anche sotto il profilo impiantistico è stata fornita un’ulteriore evidenza, che si aggiunge alla gerarchia europea di gestione dei rifiuti o a qualsiasi serio studio dell’analisi del ciclo di vita, sull’opportunità di minimizzare il ricorso a trattamenti intermedi, come i TMB, ed allo smaltimento in discarica preferendo il trattamento diretto nei termovalorizzatori, come suggerito molto chiaramente dalle Istruzioni dell’Istituto Superiore di Sanità.

 

4) L’uscita da questa crisi economica sarà probabilmente lunga e probabilmente costerà altri sacrifici. L’utilizzo del MES sarà vincolato alle spese sanitarie, ma le risorse del Recovery Fund potrebbero essere impiegate per investimenti tesi a recuperare occupazione, sviluppo e competitività. Ritenete che sarebbe utile sostenere investimenti, con le risorse del Recovery Fund, nel settore dell’impiantistica per la gestione del ciclo dei rifiuti, così come suggerisce l’ARERA nella memoria del 28 settembre 2020 (348/2020/l/com), potrebbe essere importante per colmare il gap impiantistico del nostro paese e favorire l’economia e lo sviluppo dopo la pandemia?

 

Il Recovery Fund è un’occasione da non perdere per sostenere investimenti non più differibili nel settore dei rifiuti, a partire dalla necessità di dotare il Paese di un numero congruo (e meglio distribuito sul territorio) di impianti per il trattamento dell’organico e per il recupero energetico delle frazioni non riciclabili. Secondo le nostre stime, se vogliamo centrare gli obiettivi europei al 2035 e annullare l’export di rifiuti tra le aree del Paese, il fabbisogno impiantistico italiano per la frazione organica ed i rifiuti residui ammonta a 5,7 milioni di tonnellate.

Utilitalia ha avviato un’analisi per individuare i progetti ritenuti dalle sue associate eleggibili ad essere inclusi nel futuro Piano nazionale di ripresa e resilienza: il totale degli investimenti proposti nei settori dell’acqua, dei rifiuti e dell’energia sono pari a 23,5 miliardi di euro, con un potenziale impatto sul PIL pari a +1,4% ed un impatto occupazionale pari a 316 mila nuovi posti di lavoro. Di questi, oltre 2,5 miliardi riguardano nello specifico il settore ambientale: si va dall’implementazione della raccolta differenziata alla bonifica delle aree di discarica, fino agli impianti di recupero per quanto concerne i materiali, la materia organica e l’energia.

Va comunque sottolineato che l’accesso ai finanziamenti è una condizione importante, ma non sufficiente. Per realizzare gli impianti per la chiusura del ciclo e per perseguire gli obiettivi di economia circolare occorrono anche alcune condizioni di contorno, quali lo snellimento e la certezza dei tempi degli iter autorizzativi, la determinazione a fare dei decisori politici locali che devono costruire le basi per l’accettazione sociale degli impianti medesimi.

 

UTILITALIA

UTILITALIA

Utilitalia è la Federazione che riunisce le Aziende operanti nei servizi pubblici dell’Acqua, dell’Ambiente, dell’Energia Elettrica e del Gas, rappresentandole presso le Istituzioni nazionali ed europee. Nasce dalla fusione di Federutility (servizi energetici e idrici) e di Federambiente (servizi ambientali).

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