INCENERITORE A ROMA: CONTINUANO GLI INTERVENTI

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Edo Ronchi, Presidente della Fondazione Sviluppo sostenibile, interviene sul dibattito aperto dagli industriali sull’ipotesi di un inceneritore per Roma.

Un inceneritore per la città metropolitana di Roma serve, con una dimensione da valutare attentamente, e soprattutto, insieme ad un programma di misure concrete per la prevenzione, l’aumento delle raccolte differenziate e il riciclo.

La città metropolitana di Roma (la provincia) ha 4,2 milioni di abitanti e ha prodotto, nel 2020, 2.158.000 tonnellate di rifiuti.

Nel 2021 la produzione dei rifiuti è aumentata a circa 2.250.000 (stima, non definitiva). La raccolta differenziata (RD) è molto bassa e non cresce: è al 50,4% pari a 1.089.000 tonnellate.

Lo scarto da smaltire dalle raccolte differenziate è il 13/14%; il residuo delle attività di riciclo da smaltire (varie con la tipologia, il più consistente è quello delle plastiche miste), in peso non è meno del 10 % del rifiuto avviato al riciclo. Quindi fra impurità delle RD e scarti da riciclo abbiamo almeno 200/230.000 tonnellate da smaltire in provincia di Roma. Restano poi i rifiuti che residuano dagli impianti di trattamento, meccanico e meccanico-biologico, dei rifiuti indifferenziati.

Almeno la metà dei rifiuti indifferenziati escono dagli impianti di trattamento o come “secco”, da avviare al recupero energetico, o come rifiuto da smaltire: non meno di altre 4/500 mila tonnellate complessivamente. In provincia di Roma non ci sono inceneritori e le discariche (Colleferro e Civitavecchia) sono ormai quasi esaurite. Questi sono i fatti e i numeri di partenza.

La città metropolitana di Roma (la provincia di Roma), la più numerosa provincia italiana con la maggiore concentrazione di produzione di rifiuti urbani, è in notevole ritardo nella raccolta differenziata e ha carenza, di impianti di riciclo dell’organico ed un rilevante problema di smaltimento della quota che residua dalle raccolte differenziate, dal riciclo e dai trattamenti del rifiuto indifferenziato.

Che fare di questa quota? Ridurla il più possibile con misure di prevenzione, facendo crescere concretamente e significativamente le raccolte differenziate raggiungendo almeno i target europei, aumentando e migliorando il riciclo, specie della frazione organica (che per oltre la metà oggi viene inviata fuori Regione).

Queste misure non vanno scritte solo sulla carta, ma praticate. Ci si deve, inoltre, occupare anche della fase transitoria di cosa si fa se gli obiettivi di riduzione del rifiuto da smaltire non vengono raggiunti.

In questa popolosa provincia con una consistente produzione di rifiuti, la quota residuale dei rifiuti da smaltire rimarrebbe consistente anche se le misure per ridurla avessero successo. E siccome nessuno la può far sparire, restano solo alcune soluzioni: o va smaltita altrove, in altre regioni o all’estero, oppure vanno aperte nuove discariche oppure si ricorre ad un inceneritore.

Spostare altrove il problema non è mai una soluzione e le discariche, per preciso indirizzo normativo europeo, vanno ridotte al minimo, non oltre il 10% del rifiuto prodotto.

Se si fanno le cose per bene la quota da smaltire può essere meno delle 600 mila tonnellate previste dall’inceneritore proposto, ma resta una quantità rilevante, da definire con analisi precise e definendo nuove misure e valutando gli impatti delle misure adottate.

Un inceneritore per la Provincia di Roma, data la grande quantità di rifiuti prodotta, serve, ma solo insieme ad un programma di misure su tutti gli aspetti della produzione e gestione dei rifiuti, con una valutazione, più attenta e fondata, della quantità da smaltire e della tecnologia da impiegare.

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