CRESCE L’INCIDENZA DELLE MATERIE PRIME CRITICHE (CRM) SULLA PRODUZIONE INDUSTRIALE ITALIANA, + 22% IN UN SOLO ANNO.
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Sale da 564 a 686 miliardi di euro la dipendenza dall’importazione di Materie Prime Critiche extra-UE. Portando la raccolta dei RAEE al 65% sarebbe possibile recuperare 17mila tonnellate di CRM
(il 25% di quelle importate dalla Cina nel 2021).
L’Italia è al primo posto tra i Paesi dipendenti da importazioni etra-UE per l’approvvigionamento di Materie Prime Critiche (CRM – Critical Raw Materials) considerate essenziali per lo sviluppo di settori ritenuti strategici per l’economia del Paese. La produzione industriale italiana dipende, infatti, per 686 miliardi di euro (pari al 38% del PIL al 2022) da Paesi terzi per l’approvvigionamento dei materiali strategici. Uno scenario che mette in evidenza criticità e rischi se si pensa che, in un solo anno, tale esposizione è cresciuta del 22% (nel 2021 erano 564 miliardi di euro con un’incidenza complessiva sul PIL di circa il 33%).
A tracciare questo quadro è lo studio “Le opportunità per la filiera dei RAEE all’interno del Critical Raw Materials Act” realizzato da The European House – Ambrosetti e commissionato da Erion, il più importante Sistema multi-consortile italiano di Responsabilità Estesa del Produttore per la gestione dei rifiuti associati ai prodotti elettronici (RAEE Domestici, RAEE Professionali, Rifiuti di Pile e Accumulatori, Rifiuti di Imballaggi) e dei rifiuti di prodotti del tabacco.
L’analisi – realizzata nell’ambito dell’Osservatorio avviato lo scorso anno con un’edizione che aveva mappato, per la prima volta in Italia, tutti i settori industriali nei quali le CRM sono coinvolte nella nostra economia – aggiorna e integra quanto già realizzato anche alla luce del “Critical Raw Materials Act” una serie di proposte volute della Commissione Europea volte a garantire all’Unione un accesso sicuro, competitivo e sostenibile ai materiali strategici.
Non solo, l’ultimo report della Commissione Europea “Study on the Critical Raw Materials for the EU” di marzo 2023 amplia il perimetro delle Materie Prime Critiche censendone 34 – quattro in più rispetto allo studio del 2020, dove ne figuravano 30 – e introduce 17 Materie Prime Strategiche, considerate rilevanti per la duplice transizione, ecologica e digitale, oltre che per il settore dell’aerospazio e della difesa.
Sulla base del contesto in evoluzione, l’edizione 2023 dello studio di Ambrosetti per Erion introduce alcuni elementi di novità a partire proprio dalla mappatura dei settori nei quali le Materie Prime Critiche risultano oggi fondamentali. In particolare, 29 su 34 sono indispensabili per l’industria energetica, 28 per l’industria aerospaziale, 24 per l’elettronica, 23 per l’automotive e 19 per il settore delle energie rinnovabili.
Riguardo il tema dell’approvvigionamento, il “Critical Raw Materials Act” promuove, tra gli obiettivi da raggiungere per i Paesi dell’Unione, che non più del 65% dei materiali importati debba provenire da un unico Paese, a fronte di uno scenario attuale che vede un’estrema concentrazione della fornitura di Materie Prime Critiche tra Cina (65%), Sud Africa (10%), Repubblica democratica del Congo (4%) e Stati Uniti (4%), e che almeno il 15% delle CRM debba provenire dal riciclo. Proprio in questo contesto, di estrema vulnerabilità dell’Italia e dell’Unione Europea, lo studio evidenzia come un contributo al rafforzamento dell’indipendenza da Paesi terzi possa essere associato proprio al riciclo dei prodotti elettronici che consentirebbe di ridurre la dipendenza da CRM.
In Italia, però, la strada da fare è ancora lunga, dal momento che la raccolta di RAEE non supera il 37%, a fronte di un obiettivo fissato a livello europeo pari al 65% del totale rispetto all’immesso sul mercato nei tre anni precedenti. Un dato che posiziona il nostro Paese tra i 5 meno virtuosi, davanti solo a Portogallo, Cipro, Malta e Romania.
Inoltre, i livelli di raccolta scendono ulteriormente nel caso dei piccoli RAEE (come smartphone, tablet, laptop, console, ecc.) e dei RAEE Professionali (ovvero quei rifiuti derivanti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche destinate ad attività commerciali e industriali) che sono, peraltro, tra i prodotti contenenti un maggiore quantitativo di CRM. Sui bassi livelli di raccolta, sia per i RAEE Domestici sia per i Professionali, influisce sia la scarsa attenzione da parte dei consumatori, sia il fenomeno dei “flussi paralleli”, ossia l’intercettazione dei rifiuti da parte di soggetti non autorizzati che, non avendo minimamente a cuore il benessere del Pianeta ma solo il profitto economico, causano impatti ambientali e perdita di opportunità per il mancato recupero della maggior parte dei CRM in essi presenti.
Eppure, secondo lo studio di The European House – Ambrosetti, se in Italia si raggiungesse il target di raccolta definito a livello europeo (65%), al 2030 si potrebbero avviare al corretto trattamento 312 mila tonnellate di RAEE Domestici e Professionali in più. L’aumento dei volumi raccolti e la realizzazione di impianti adeguati al loro riciclo, potrebbe portare ad un recupero di circa 17 mila tonnellate di Materie Prime Critiche, pari al 25% di quelle importate dalla Cina nel 2021. Allo stesso tempo, investendo in un’adeguata dotazione impiantistica in grado di riciclare i RAEE recuperando Materie Prime Critiche, l’aumento del tasso di raccolta potrebbe portare tra il 2025 e il 2030 a una riduzione di circa 2,5 milioni di tonnellate di CO2 immesse in atmosfera. Il beneficio ambientale genererebbe anche un vantaggio sociale per la comunità quantificabile in circa 487 milioni di euro. Senza dimenticare il vantaggio economico derivante dalla possibilità di recuperare Materie Prime Seconde, riducendo il peso delle importazioni e la dipendenza dall’estero che, secondo lo studio, sarebbe pari a circa 31 milioni di euro.
“Per un terzo delle Materie Prime Critiche censite l’UE è totalmente dipendente (100%) dalle importazioni di Paesi terzi. La dipendenza, unita alla crescente domanda e alla rilevanza delle Materie Prime Critiche in tecnologie chiave, rende vulnerabili le catene del valore” ha dichiarato Lorenzo Tavazzi, Partner di The European House – Ambrosetti.
“Come ci mostra la nuova edizione dello studio Ambrosetti, rispetto all’anno passato il valore della produzione industriale italiana sostenuta dalle CRM è incrementata del 22% e il nostro Paese è primo in Europa per l’incidenza di questi materiali nel tessuto produttivo: ben il 38% del PIL – ha dichiarato Danilo Bonato, Direttore Generale di Erion Compliance Organization – Sono dati rilevanti, che dovrebbero davvero farci riflettere. In questo contesto di incertezza e dipendenza delle importazioni dall’estero, una leva strategica per ridurre il rischio di approvvigionamento può arrivare dal riciclo dei rifiuti correlati ai prodotti elettronici. Abbiamo nelle nostre case una miniera urbana che però, per varie ragioni, facciamo fatica a valorizzare. Infatti, la poca conoscenza da parte dei cittadini, gli ostacoli che quest’ultimi incontrano nell’attuare comportamenti virtuosi, il mancato contrasto ai flussi paralleli, fino a una carente rete impiantistica, fanno sì che migliaia di tonnellate di Materie Prime Critiche e Materie Prime Strategiche non vengano valorizzate in Italia, dirottando altrove benefici economici, occupazionali e ambientali. Erion si sta impegnando con determinazione per cambiare questa situazione, anche attraverso investimenti ingenti in comunicazione e sensibilizzazione degli stakeholder, ma chiediamo un maggior supporto da parte delle Istituzioni per accelerare sul percorso virtuoso del riciclo dei rifiuti tecnologici”.
Attualmente, infatti, siamo di fronte a un’inadeguata dotazione impiantistica rispetto all’estrazione di Materie Prime Critiche dai RAEE. In questo senso, bisogna agire sull’ammodernamento degli impianti esistenti sfruttando le risorse messe a disposizione dal PNRR. Anche se, ad oggi, sottolinea come i progetti flagship di finanziamento per iniziative di innovazione dedicate all’estrazione e riciclo delle Materie Prime Critiche risultino marginali e pari circa al 10% del totale degli investimenti previsti (la restante parte dei progetti rimane focalizzata solo sul pre-trattamento dei RAEE).
Fondamentale, quindi, rinnovare la dotazione impiantistica, ma anche ridurre l’incertezza normativa e le tempistiche autorizzative ancora troppo lunghe per ottenere le necessarie autorizzazioni alla realizzazione di nuovi impianti: dei circa 4,3 anni necessari in Italia per l’iter di avvio ben 2,7 sono assorbiti dalle fasi di progettazione e autorizzazione. Un’accelerazione che è importante ottenere anche per sviluppare una produzione manifatturiera che sia in grado di utilizzare e valorizzare le Materie Prime Seconde derivanti dai RAEE.